sabato 10 novembre 2012

VegPyramid Junior

LA DIETA VEGETARIANA PER I BAMBINI E GLI ADOLESCENTI





Una guida adatta a tutta la famiglia che illustra i benefici di una dieta vegetariana fin dall’età pediatrica.

Tabelle nutrizionali e menu giornalieri ci offrono preziosi consigli per insegnarci a pianificare una alimentazione equilibrata a seconda delle fasce di età, da 1 a 18 anni.

Uno stile di vita che ha effetti favorevoli sulla salute e la longevità, e fornisce tutti i nutrienti necessari.

Le Linee Guida della VegPyramid sono ormai un sistema "collaudato" da tutti coloro che lo hanno utilizzato: con le loro indicazioni, rendono semplice la realizzazione di un menu a base vegetale per una salute perfetta, oltre che gustoso. Benché funzionino benissimo nell'adulto, non sono tuttavia applicabili all'età pediatrica, dal momento che le richieste nutrizionali di questa fase della vita sono differenti non solo da quelle dell'adulto, ma anche a seconda delle varie fasce d'età.

VegPyramid Junior colma questa lacuna accompagnando i genitori nel percorso alimentare dei figli, permettendo loro di creare una sintonia/sinergia con il pediatra di fiducia. Con le informazioni nutrizionali sugli alimenti e i gruppi di nutrienti fondamentali, le indicazioni sulle principali patologie causate dalla "normale" alimentazione a base di cibi animali, l'analisi dei bisogni e fabbisogni energetici delle diverse fasce d'età, le indicazioni per i menu delle mense scolastiche e suddivisi a seconda dell'apporto calorico.

domenica 29 luglio 2012

La FAO si allea con l'industria zootecnica | 28/07/2012

Gli allevatori e la FAO cercano di far credere che gli allevamenti non siano poi così dannosi per l'ambiente.


E' stato annunciato questo mese, luglio 2012, l'ultimo progetto della FAO per sostenere il consumo di carne: la creazione di una partnership con gli allevatori, chiamata "Livestock Partnership", per "migliorare le prestazioni ambientali del settore zootecnico", e fare da "guida" nelle valutazioni di impatto ambientale e loro conseguenti applicazioni.

Dietro queste parole si nasconde in realtà il tentativo di difendere gli interessi economici dell'industria zootecnica. Infatti, essendo ormai noti a tutti i dati scientifici che individuano nel settore dell'allevamento uno dei maggiori (se non IL maggiore) responsabili dell'impatto ambientale in generale e dell'emissione di gas serra in particolare, la FAO intende difendere la zootecnia fornendo ai consumatori e alle istituzioni dei dati NON determinati da esperti di impatto ambientale super-partes, ma dalla Livestock Partenership, formata sostanzialmente da industrie zootecniche e da organismi che le rappresentano o sono ad esse vicine.

Tra i membri fondatori di questa partenership troviamo infatti: il Segretariato Internazionale della Carne, la Federazione Internazionale dei Prodotti Lattiero-caseari, la Commissione Internazionale sulla Uova, il Consiglio Internazionale sul Pollame, i governi di Francia, Irlanda, Paesi Bassi e Nuova Zelanda (quattro tra i maggiori produttori di carne) e, in un maldestro tentativo di far vedere che anche la parte "ambientalista" è rappresentata, troviamo anche il WWF, associazione che non ha mai preso il minimo impegno per far diminuire i consumi di carne, unico vero modo per ridurre l'impatto della produzione di cibo animale. Anzi, il vicepresidente del WWF, Jason Clay presiede la "tavola rotonda per il manzo sostenibile", una contraddizione in termini.

Riportiamo a commento di questa notizia un articolo di Robert Goodland, per anni consulente della Banca Mondiale, che spiega come l'unica vera possibilità di far diminuire l'impatto ambientale degli allevamenti sia quella di diminuire il più possibile gli allevamenti stessi, e come l'unica speranza per contrastare in tempi brevi il riscaldamento globale sia di spostare la nostra alimentazione verso una dieta a base vegetale. E per far questo non servono i governi, non servono leggi, non servono infrastrutture, non serve aspettare anni: basta cambiare quello che mettiamo nel carrello della spesa, fin da subito.

Riscaldamento globale e collusione tra l'industria zootenica e la FAO

di Robert Goodland


Lo scorso anno è stato il più caldo mai registrato negli Stati Uniti, con temperature record in tutto il paese la settimana scorsa, che hanno provocato almeno 52 morti e causato problemi anche agli animali d'allevamento. In effetti, gli animali d'allevamento non solo subiscono danni dal riscaldamento globale, ma l'allevamento stesso causa circa il 18% dell'emissione globale di gas serra, secondo il reporti "La lunga ombra del bestiame", emesso nel 2006 dagli specialisti in zootecnia della FAO (i quali di solito promuovo gli allevamenti stessi).

Al contrario, gli specialisti in questioni ambientali impiegati da altre due agenzie delle Nazioni Unite, la Banca Mondiale e l'International Finance Corporation, hanno sviluppato una valutazione, ampiamente citata, dalla quale appare che  almeno il 51% dei gas serra causati dalle attività umane è attribuibile al bestiame. Io sono uno di questi specialisti.

Ci si potrebbe aspettare che la FAO lavori oggettivamente per determinare se la cifra reale sia più vicina al 18% o al 51%. Al contrario, Frank Mitloehner, noto per la sua affermazione che il 18% sia una stima troppo alta da utilizzare negli Stati Uniti,  la scorsa settimana è stato nominato direttore di una nuova partnership tra l'industria della carne e la FAO, la Livestock Partnership.

I nuovi partner della FAO includono il Segretariato Internazionale della Carne e la Federazione Internazionale dei Prodotti Lattiero-caseari. Il loro obiettivo dichiarato è quello di "valutare le prestazioni ambientali del settore zootecnico" e "migliorare tali prestazioni", partendo con un programma triennale per stabilire "metodi e linee guida".

Eppure, secondo il Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (IPCC) e l' Agenzia Internazionale per l'Energia, entro cinque anni il livello di gas serra potrebbe aumentare a livelli catastrofici e irreversibili se non si fa nulla per cambiare le cose.

La nuova partnership assume che la produzione di carne nel mondo diventerà "più del doppio" dal 1999 al 2050. Ma l'International Food Policy Research Institute ha illustrato uno scenario in cui la produzione di carne diminuirà almeno fino al 2030. Alcune autorità sul tema dei cambiamenti climatici come Lord Nicholas Stern, autore dello Stern Review sull'economia del cambiamento climatico, e Rajendra Pachauri, presidente dell'IPCC, hanno raccomandato l'alimentazione vegetariane per invertire il corso dei cambiamenti climatici.

La nuova partnership della FAO non è proprio una sorpresa, dato che i suoi specialisti in zootecnia si sono impegnati in vari modi per invertire la percezione comune che il report "La lunga ombra del bestiame" consigliasse di diminuire il consumo di carne.  Ad esempio, il suo autore principale e co-autore, ha scritto in seguito altri articoli per invitare a un aumento degli allevamenti intensivi, non a una diminuzione, e ha indicato che non si devono porre limiti al consumo si carne.

Eppure, "La lunga ombra del bestiame" può non essere approvato in modo uniforme da tutta la FAO, dato che la FAO ha invitato Jeff Anhang e me a presentare la nostra analisi prima al loro quartier generale a Roma e poi a Berlino.

Lo scopo fondamentale della FAO è di "promuovere il benessere comune" in un "forum neutrale". Tuttavia, la nuova partnership della FAO include solo quattro paesi ricchi e nessun paese povero. L'ex direttore generale della International Livestock Research Institute (ILRI), che promuove normalmente la zootecnia, ha espresso preoccupazione per gli effetti degli allevamenti intensivi sulle popolazioni povere - dicendo che gli animali degli allevamenti intensivi vengono nutriti coi cereali "che invece potrebbero nutrire le persone".

L'allevamento industriale è stato criticato anche da un co-autore di "La lunga ombra del bestiame", Cornelius De Haan, quando ricopriva il ruolo di autore principale del report sul settore zootecnico della Banca Mondiale, nel 2001. Tale report fissava l'impatto negativo degli allevamenti a un livello inferiore rispetto al dossier "La lunga ombra del bestiame" - eppure la strategia della Banca Mondiale raccomanda che le istituzioni "evitino di finanziare sistemi dall'allevamento commerciali su larga scala basati sul consumo di cereali e la produzione industriale di latte, carne di maiale e pollame".

Al contrario, l'obiettivo dichiarato di Frank Mitloehner, presidente della nuova partnership della FAO, è quello di promuovere l'allevamento intensivo.

Una nuovo rapporto dell'ILRI conclude che "il bestiame è di nuovo nell'agenda globale" e che un aumento della produttività deve provenire da sistemi "intensificati".  Un vide rivela la pressione sui ricercatori per ottenere il sostegno alle conclsuioni predeterminate dall'ILRI; nel video, il nuovo direttore generale afferma: "Come possiamo aumentare l'importanza della zootecnia? [...] Nel passato, non siamo stati abbastanza attenti alla questione dei consumi nelle aree urbane. [...] Una buona parte delle critiche negative alla zootecnia riguardano il suo contributo all'emissione di gas serra e la sua impronta ecologica molto alta - quindi dobbiamo sviluppare risposte più forti a queste sfide".

Le evidenze mostrano che l'ILRI può temere l'accettazione pubblica della nostra valutazione, ampiamente citata, che dimostra che l'allevamento è responsabile di almeno il 51% delle emissioni di gas serra causate dall'uomo.  L'ILRI era così preoccupato dell'accetazione di questo valore del 51% da sollevare la questione nel suo meeting annuale del 2010 prima, durante e dopo il meeting: ne è risultato che la percentuale di partecipanti che accettava tale risultato è aumentata dall'1,5% prima del meeting al 7,5% dopo.

Il report "La lunga ombra del bestiame" ha sottovalutato di molto la quantità di terreno usata per l'allevamento e la produzione di mangimi, stimandola a un 30% del totale delle terre emerse, mentre l'IRLI porta questa stima al 45%. Altre mancanze del dossier FAO possono essere dovute al fatto che i suoi autori sono specialisti in zootenica - mentre le buone pratiche internazionali per la valutazione dell'impatto ambientale indicano che i progetti che implicano impatti ambientali significativi (com'è appunto il caso dell'allevamento e coltivazione di mangimi) devono essere valutati da specialisti sull'impatto ambientale.

Il fattore chiave che spiega la differenza tra i due valori, 18% e 51%, sta nel fatto che il secondo tiene conto di come la crescita esponenziale nella produzone zootecnica (che ad oggi conta oltre 60 miliardi di animali allevati ogni anno), accompagnata dalla deforestazione su larga scala e dagli incendi delle foreste, abbia causato una drammatica diminuzione della capacità fotosintetica della Terra, assieme a un aumento sempre maggiore della volatilizzazione del carbonio del suolo.

L'agricoltura è un'attività che per sua natura avviene all'aria aperta, e questo la espone a un maggior rischio alle emeissioni di gas serra dovute all'allevamento, più di qualsiasi altro settore dell'industria. Quindi i leader dell'industria alimentare hanno un forte incentivo commerciale a ridurre queste emissioni.

Mentre la FAO e l'ILRI sostengono che milioni di poveri non hanno altra alternativa all'allevamento di animali per la propria sussistenza, decine di milioni di animali allevati da queste persone sono morti negli ultimi anni a causa di disastri climatici. Continuare ad allevare altri animali li metterebbe a rischio di fare la stessa fine.

Invece, sostituire almeno un quarto dei prodotti animali consumati oggi con alternative migliori a base vegetale ridurebbe le emissioni e consentirebbe alle foreste di rinnovarsi su vaste aree, ed esse potrebbero assorbire gli eccessi di carbonio in atmosfera e ridurli a un livello di sicurezza. Questo può essere il solo modo pragmatico per fermare i cambiamenti climatici nel poco tempo che rimane, vale a dire nei prossimi cinque anni.

Per modificare le infrastrutture per la produzione di energia, passando ad energie rinnovabili, servirebbero almeno 20 anni e 18 mila miliardi di dollari.

Nutrirsi di prodotti vegetali anziché animali, invece, non richiede investimenti né tempo. I consumatori possono farlo già oggi.


http://www.scienzavegetariana.it/news_dett.php?id=1309 Fonte:
Robert Goodland, Record heat spiked by collusion between the meat industry and FAO, 11 luglio 2012
Si ringraziano Jeff Anhang e Robert Goodland per la gentile concessione di tradurre e ripubblicare questo articolo.

domenica 10 giugno 2012

PAESI DIFFERENTI, IDENTICA TRAGEDIA: DIFFUSIONE DEL DIABETE TRA GLI ADOLESCENTI IN ENORME CRESCITA, SIA NEGLI USA CHE IN EUROPA. RISCHIO RIDOTTO PER I VEGETARIANI E VEGANI.

[COMUNICATO STAMPA]
9 giugno 2012

Secondo un nuovo studio pubblicato su Pediatrics [1], la prevalenza di diabete e prediabete tra gli adolescenti è ulteriormente salita da un già notevole 9% nel 1999-2000 al 23% nel 2007-2008.

I dati provenienti dalla NHANES (National Health and Nutrition Examination Survey, http://www.cdc.gov/nchs/nhanes.htm) hanno evidenziato che il 34% circa dei ragazzi USA tra i 12 e 19 anni è obeso o sovrappeso e presenta un rischio aumentato per alcuni fattori di rischio cardiovascolare come ipertensione, alterazione dei livelli ematici di colesterolo e diabete.

La prevalenza di almeno un fattore di rischio cardiovascolare è risultato essere, rispettivamente, del 37%, 49% e 61% negli adolescenti normopeso, sovrappeso ed obesi. Sovrappeso e obesità, dunque, aumentano sensibilmente il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari.

In Europa, i bambini con malattie croniche sono sempre di più e attualmente hanno raggiunto il 20%. Il prof. Alfred Tenore, presidente dell'European Academy of Paediatrics (EAP) ha dichiarato come "siano sempre più i bambini affetti da malattie croniche, in testa obesità, asma, allergie e diabete mellito".

In Italia il 6-7% della popolazione generale è affetta da diabete (circa 4 milioni) e i dati dell'Osservatorio epidemiologico cardiovascolare Iss-Anmco (Istituto superiore di sanità-Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri)/Health Examination Survey, rivelano che il 38% degli italiani di entrambi i sessi presenta valori di colesterolo elevato, oltre la soglia dei 240 mg/dl: anche in questo caso, il dato è aumentato negli ultimi dieci anni, visto che nel 2002 era un problema solo del 24% della popolazione! Se il colesterolo elevato danneggia le arterie coronarie favorendo la comparsa di infarto e morte improvvisa, anche i chili di troppo, sin da ragazzini, compromettono il cuore da un punto di vista strutturale e funzionale, causando la sindrome del 'cuore stanco'.

Gli studi condotti a livello internazionale evidenziano come i vegetariani di tutte le età siano più magri, presentino più bassi livelli di colesterolo plasmatico e un rischio ridotto di diabete e malattie cardiovascolari rispetto ai non-vegetariani (ricordiamo che con il termine "vegetariano" si intendono tutte le varianti, da quella latto-ovo-vegetariana a quella vegana).

In particolare, i bambini e gli adolescenti vegetariani presentano più basse assunzioni di colesterolo, grassi saturi e grassi totali, e più elevati introiti di frutta, verdura e fibre rispetto ai non-vegetariani.

In questo disastroso scenario internazionale, le diete vegetariane rappresentano pertanto un modello a cui tendere già a partire dall'età pediatrica, in quanto possono offrire alcuni importanti vantaggi nutrizionali e possono favorire lo sviluppo di sani schemi alimentari, validi per tutta la durata della vita e utili a contrastare l'epidemia di malattie croniche che sempre più flagella i cittadini dei paesi ricchi di tutte le età.

Reference:

[1] May AL, Kuklina EV, Yoon PW. Prevalence of cardiovascular disease risk factors among US adolescents, 1999-2008. Pediatrics. 2012;129:1035-1041.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22614778

Comunicazione a cura di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana
http://www.scienzavegetariana.it - info@scienzavegetariana.it

Note:
Societa' Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV si prefigge di fornire ai professionisti della salute e alla popolazione generale informazioni corrette sulla nutrizione a base di cibi vegetali (c.d. plant-based nutrition) e sui suoi rapporti con la salute.

giovedì 15 marzo 2012

La vitamina B12 nelle diete vegetariane

La vitamina B12 nelle diete vegetariane
dr.ssa Luciana Baroni

http://www.scienzavegetariana.it/nutrizione/b12_approfondimenti.html

Spero che questo articolo permetta di capire e condividere l'importanza delle raccomandazioni sulla vitamina B12, e chiarire ogni dubbio e perplessità residua sull'argomento

buona lettura!!!

sabato 18 febbraio 2012

In che mani è la nostra salute?


Riporta Adnkronos Salute (Roma, 15 feb) che secondo un recente studio condotto dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, gli adulti italiani obesi ammontano a poco meno di 5 milioni (il 10% della popolazione), per un costo sociale annuo pari 8,3 miliardi di euro (circa il 6,7% della spesa pubblica). Un costo destinato a lievitare, perché nel 2025 il tasso di obesità potrebbe salire addirittura al 43%, che tradotto in “teste” significa 20 milioni di italiani.

Non solo: in Italia si registra il primato per sovrappeso e obesità anche nella fascia d'età tra i 6 e i 9 anni, con tassi di obesità infantile in crescita vertiginosa (+2,5% ogni 5 anni). Alla faccia della dieta mediterranea del terzo millennio, tanto propagandata come la “dieta più sana”, ma che invece nulla ha da spartire con l’originaria dieta mediterranea, sana davvero, ma che era essenzialmente una plant-based diet, cioè una dieta composta prevalentemente da cibi vegetali non-trasformati!

Ecco quindi il grido: Salute: allarme nutrizionisti, 20 milioni gli italiani obesi nel 2025! Sempre più necessaria una “manovra dietetica”.

MA quali sono le iniziative “sul piatto” che i nostri governanti stanno considerando?

1-La ventilata istituzione di una tassa sul cibo-spazzatura da parte del ministro della Salute: vedremo quali cibi saranno classificati tra i junk-food, ma dubitiamo che la proposta, anche se approvata, saprà agire a 360° su tutti gli alimenti in causa, compresi quelli di origine animale.

2-L’iniziativa "La manovra dietetica in Parlamento", presentata in data 15 febbraio 2012 in Parlamento: ribattezzata la "dieta dei parlamentari", viene già propagandata come di sicuro successo nella lotta all'obesità della popolazione italiana, in grado di ridurre il tasso di obesità in Italia e i relativi costi per lo Stato.

Peccato che questa proposta arrivi dal Centro studi Tisanoreica e che, come si legge sul suo sito istituzionale, questa dieta dimagrante (tisanoreica, appunto) si basi sul paradosso che per dimagrire bisogna mangiare in maniera disequilibrata provocando una carenza mirata, un temporaneo "squilibrio" alimentare per perdere peso ma non perdere le forme e la tonicità. Mutato nomine, la solita dieta chetogenica a basso indice glicemico, che produce nel breve termine malnutrizione e dismetabolismi, e in molti casi il veloce recupero del peso perduto al termine del trattamento: il tutto, inoltre, sulla base di presupposti scientifici non condivisi da tutti i nutrizionisti. La cosa peggiore, tuttavia, è che come tutte le “diete dimagranti” essa non modifica permanentemente il comportamento individuale nei confronti delle scelte alimentari, rendendo di fatto il sovrappeso-obesità una malattia in rapida espansione e, purtroppo, quasi incurabile.

Un metodo sicuro per la lotta all'obesità dovrebbe invece essere basato sulle prove scientifiche, sul beneficio clinico e sull’accettabilità da parte del paziente nel lungo termine.

Perché dunque non raccogliere gli insegnamenti di coloro che seriamente, con metodi scientifici, hanno dedicato una vita di studio ai rapporti tra alimentazione e peso corporeo?

Gli studi che hanno analizzato il rischio di sovrappeso-obesità in relazione ai tipi di cibo e alle abitudini alimentari indicano che una dieta a base vegetale rappresenta un efficace approccio nelle prevenzione dell’obesità, soprattutto di quella infantile.

Le diete che contengono elevate quantità di cibi vegetali, come le diete vegetariane, hanno infatti una densità energetica ridotta (= +cibo, - calorie), e sono ricche di carboidrati complessi, fibre e acqua: queste caratteristiche sono in grado di aumentare il senso di sazietà e il dispendio energetico a riposo. Coerentemente, gli studi scientifici dimostrano come i vegetariani siano più magri e vengano colpiti meno dalle altre gravi malattie che spesso si accompagnano alla condizione di sovrappeso-obesità (diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro).



Pertanto, il pattern alimentare che dovrebbe essere incoraggiato nella popolazione è solo uno: quello vegetariano. E non esclusivamente per motivi di salute, ma anche per la salvaguardia del pianeta. Le politiche agroalimentari dovrebbero sostenere la diffusione di queste informazioni e ridurre le pressioni culturali ed economiche che al momento attuale non permettono di proporre come modello alimentare di riferimento la dieta vegetariana.

Proporre alla popolazione il modello alimentare vegetariano come un modello positivo ideale “a cui tendere”, ben lungi da far diventare vegetariani tutti gli italiani veicolerebbe tuttavia il messaggio che consumare molti più cibi vegetali non trasformati e molti meno cibi animali potrebbe sensibilmente aiutare il singolo a mantenere il proprio peso corporeo sotto controllo.

Non c’è infatti alcun dato scientifico che giustifichi preoccupazioni per la salute di chi addotta un modello alimentare vegetariano, ma semmai è vero l’esatto contrario. I tentativi di far passare questa scelta alimentare come “rischiosa per la salute” risultano ormai facilmente smascherabili (grazie alla semplice navigazione sul sito http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/, il più vasto e aggiornato database bibliografico contenente informazioni sulla letteratura scientifica biomedica dal 1949 ad oggi) e semplicemente dequalificano la professionalità di chi li compie.

La riduzione dei costi sanitari del singolo e della società, attualmente assorbiti per la diagnosi e il trattamento delle malattie causate dalla dieta non sana adottata da gran parte dei cittadini italiani, permetterebbe di risparmiare risorse economiche da utilizzare per scopi ben più importanti e nobili, come ad esempio quelli di sostegno al lavoro, all’età infantile ed anziana, alla disabilità, all’istruzione.

Potremmo pagare i nostri parlamentari il doppio-triplo, se davvero capissero questa semplice equazione ed agissero di conseguenza! Mai denaro sarebbe meglio speso, mai risparmio sarebbe maggiore!

FONTI:

Barnard ND, Scialli AR, Turner-McGrievy G, Lanou AJ, Glass J. The effects of a low-fat, plant-based dietary intervention on body weight, metabolism, and insulin sensitivity. Am J Med. 2005 Sep;118(9):991-7.

Berkow SE, Barnard N. Vegetarian diets and weight status. Nutr Rev. 2006 Apr;64(4):175-88.

http://it.notizie.yahoo.com/salute-allarme-nutrizionisti-20-mln-italiani-obesi-nel-183800074.html

http://www.obesita.it/html/pag/it/appello.asp?fn=1#

Newby PK, Tucker KL, Wolk A. Risk of overweight and obesity among semivegetarian, lactovegetarian, and vegan women. Am J Clin Nutr. 2005 Jun;81(6):1267-74.

Sabaté J, Wien M. Vegetarian diets and childhood obesity prevention. Am J Clin Nutr. 2010 May;91(5):1525S-1529S. Epub 2010 Mar 17.

Thedford K, Raj S. A vegetarian diet for weight management. J Am Diet Assoc. 2011 Jun;111(6):816-8.

Tonstad S, Butler T, Yan R, Fraser GE. Type of vegetarian diet, body weight, and prevalence of type 2 diabetes. Diabetes Care. 2009 May;32(5):791-6.

Turner-McGrievy GM, Barnard ND, Scialli AR, Lanou AJ. Effects of a low-fat vegan diet and a Step II diet on macro- and micronutrient intakes in overweight postmenopausal women. Nutrition. 2004 Sep;20(9):738-46.