Primo capitolo capitolo dell'omonima saga.
Una recente rassegna sui meccanismi biochimici di alcuni nutrienti delle diete vegetariane e la loro implicazione clinica (Li, J. Agric. Food Chem. 2011) ha rappresentato nelle ultime settimane l’estasi per tutti i carnivori.
Va innanzitutto precisato che la differenza tra “rassegna” e “studio” è che la prima si limita a riassumere e analizzare i dati di vari studi e li mette in relazione con conoscenze disponibili, senza alcun contributo originale proprio degli autori ai risultati stessi.
E’ quindi accaduto che una lettura poco attenta od una successione di errori di traduzione abbiano portato a divulgare i contenuti di questa rassegna in modo totalmente erroneo, e in contrasto con quelli che sono i dati che derivano invece dagli studi che si sono occupati delle malattie cardiovascolari nei vegetariani.
Secondo quanto riportato dai mass-media, addirittura la dieta vegana sarebbe pericolosa per il cuore in quanto produrrebbe un pericoloso indurimento delle arterie, e altre fantasiose sadiche conseguenze.
Peccato che già nell’abstract l’autore stigmatizzi come gli onnivori presentino un cluster di fattori di rischio cardiovascolare significativamente superiore rispetto ai vegetariani, quali maggiori valori di BMI, rapporto circonferenza vita/fianchi, pressione arteriosa, colesterolo totale, LDL e trigliceridi plasmatici, Lp(a), attività del fattore VII della coagulazione, rapporto colesterolo totale/colesterolo-HDL, rapporto colesterolo LDL/colesterolo HDL, rapporto Acidi grassi totali/colesterolo HDL, e livelli di ferritina.
Riporta invece come nei vegetariani (compresi anche vegetariani appartenenti a Paesi emergenti, la cui dieta è sensibilmente differente da quella dei vegetariani dei Paesi occidentali a cui noi apparteniamo), siano stati invece descritti valori ridotti di vitamina B12 e di acidi grassi omega-3, che possono favorire l’aggregazione piastrinica e l’incremento dell’omocisteina, nonché più bassi valori di colesterolo-HDL.
L’Autore ipotizza quindi che queste alterazioni “may”, cioè “possano” (=modo condizionale) essere associate con un aumento del rischio trombotico e aterogeno, e pertanto suggerisce l’opportunità di aumentare le assunzioni di vitamina B12 e di acidi grassi omega-3 nei vegetariani, soprattutto nei vegani.
Ribadendo che i carnivori presentano un insieme di fattori di rischio di trombosi ed aterosclerosi superiore a quello dei vegetariani, l’Autore suggerisce che il rispetto degli introiti di questi nutrienti “possa” (may) essere in grado di ridurre nei vegetariani ogni predisposizione alla trombosi, situazione che “potrebbe” (might) aumentare il loro basso rischio cardiovascolare.
Questi i contenuti di un articolo che si limita a discutere, in chiave puramente teorica, alcuni aspetti metabolici dell’organismo umano.
A fronte di queste dissertazioni, l’evidenza che proviene dagli studi scientifici condotti sulla popolazione è invece quella di una sensibile riduzione del rischio di morte per malattie cardiovascolari nei vegetariani. I vegetariani sarebbero protetti nei confronti di queste malattie in virtù degli effetti favorevoli della dieta sullo sviluppo di altre malattie che sono anche fattori di rischio cardiovascolare (e mi riferisco a diabete, ipertensione, sovrappeso-obesità, ipercolesterolemia), e in virtù delle caratteristiche della dieta vegetariana stessa, in grado di apportare maggiori quantità di frutta, verdura, frutta secca, soia, fibre, antiossidanti, steroli, e minori quantità di grassi totali, saturi, sale.
Le linee guida per l’alimentazione vegetariana prodotte per la prima volta in negli USA nel 1997 hanno da subito inserito nelle raccomandazioni il rispetto delle assunzioni di omega-3 da fonte vegetale e di una fonte regolare di vitamina B12. Tutti i vegetariani dei Paesi occidentali sono informati di questo, e in molti rispettano questi consigli attraverso l’assunzione di noci, olio e semi di lino e altre fonti vegetali di omega-3, e l’assunzione di cibi fortificati o integratori di vitamina B12.
Se davvero lo stolto guarda il dito quando il saggio indica la luna, trasmettere a un’opinione pubblica prevalentemente carnivora la notizia “securizzante” (secondo la logica della mors tua, vita mea) che il cuore dei vegani è a rischio, e non urlare pubblicamente contro la strage che l’alimentazione a base di carne provoca quotidianamente, è azione non solo stolta, ma che mi permetto di definire un crimine nei confronti dell’umanità.
Secondo l’European Heart Network, nel 2008 le malattie cardiovascolari hanno rappresentato la prima causa di morte nella regione Europea OMS, dove ogni anno sono responsabili della morte di oltre 4,3 milioni di individui, pari al 48% di tutti i decessi (54% per le donne, 43% per gli uomini).
Sappiamo che il ruolo della dieta è importante, che la dieta può uccidere. Ma l’imputato non è la dieta vegetariana o vegana, bensì la dieta onnivora, che i cibi animali contribuiscono pesantemente a rendere un killer spietato.
Luciana Baroni, MD
Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana-SSNV