venerdì 12 aprile 2013

Quanti animali uccidono gli onnivori piu' dei vegetariani?



Secondo capitolo della saga "Lo stolto, il dito e la dieta vegetariana".

Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, reduce dal Congresso Internazionale di Nutrizione Vegetariana (Loma Linda, California, 24-26 febbraio 2013), dove ha presentato i risultati preliminari delle proprie ricerche sull'impatto ambientale e sociale delle scelte alimentari, condotte in collaborazione con il NEIC (Centro Internazionale di Ecologia della Nurizione), intende far chiarezza sui contenuti di alcuni recenti articoli apparsi su giornali e riviste.

Si tratta dell'ennesima "good news" che vorrebbe securizzare gli onnivori sulla bontà della propria scelta alimentare. Dopo il fallimento del tentativo di convincere l'opinione pubblica che una dieta onnivora sia più favorevole alla salute di una dieta vegetariana, ora si fa leva sull'aspetto etico, arrivando a sostenere che, rispetto a quella vegetariana, la scelta onnivora risulterebbe addirittura più rispettosa della vita animale.

Nello specifico, è stata data ampia risonanza allo studio del Prof. Mike Archer, paleontologo australiano, il quale vorrebbe dimostrare che l'alimentazione vegetariana uccide più animali rispetto a quella onnivora, dimostrando invece solo la propria abissale incompetenza nel campo dell'ecologia della nutrizione.

Secondo lo studio di Archer, gli animali allevati per produrre cibo per gli umani pascolerebbero liberi e felici in terreni paradisiaci, senza procurare danni all'ecosistema. Invece coltivare la terra per ottenere cibo vegetale per diretto consumo umano ucciderebbe piccoli mammiferi e insetti in misura molto maggiore, circa 25 volte di più del numero di animali uccisi dagli onnivori per farne cibo.

Questa teoria è palesemente assurda e possiamo sintetizzarne la ragione nella frase: "gli animali allevati per produrre cibo per l'uomo non vivono d'aria" (né di scarti come Archer vorrebbe far credere).

Infatti, la stragrande maggioranza degli animali allevati non è nutrita con erba, né con scarti, ma con vegetali appositamente coltivati. Nei vari articoli esultanti per il risparmio di vite ottenuto macellando animali di ogni specie (!) non si tiene conto - per disonestà intellettuale o acritica ignoranza - del cosiddetto "indice di conversione", presentato in ogni manuale di zootecnia: un animale allevato, per aumentare di un kg di peso corporeo, deve mangiare mediamente 15 kg di cibo vegetale, che è coltivato appositamente. Se la coltivazione di cibo vegetale comporta l'uccisione di insetti e piccoli mammiferi, queste morti vanno messe in conto anche a chi mangia cibi animali, moltiplicate per 15 rispetto a quelle causate da chi si nutre direttamente di vegetali.

Inoltre, non esistono quasi più terreni liberi da adibire a pascolo, ormai sono stati consumati tutti, si sta disboscando la foresta amazzonica per ottenere pascoli, e dopo pochi anni ogni terreno sfruttato dal pascolo si desertifica. Questo comporta l'ulteriore uccisione di un enorme numero di animali selvatici.

Quindi, chi si nutre di carne è responsabile di molte più morti (almeno 15 volte tante) rispetto a chi si nutre direttamente di vegetali, anche contando solo gli animali selvatici accidentalmente uccisi durante la coltivazione. Naturalmente, a queste morti vanno aggiunte quelle dei miliardi di animali macellati in tutto il mondo per diventare cibo.

Ma non basta.

Oltre al numero di animali uccisi per la coltivazione di mangimi o per il disboscamento per la creazione di pascoli, occorre contare anche la distruzione dell'ambiente naturale causata dalla coltivazione di così tanti vegetali necessari per ingrassare gli animali. Questo fenomeno ha un importante peso sociale, in quanto è responsabile della malnutrizione di alcune popolazioni del nostro pianeta.

Uno dei principali studi al mondo, condotto dall'United Nation Environmental Programme della FAO, pone gli allevamenti di animali, la produzione di carne e la produzione di latticini al primo posto tra le attività inquinanti e ad alto impatto ambientale.

Conclusione

Il passaggio verso un'alimentazione a base vegetale porta, come conseguenza ovvia, non solo una enorme diminuzione del numero di animali uccisi direttamente o indirettamente a scopi alimentari, ma vari benefici all'ecosistema come le diminuzioni dei gas serra, dei consumi energetici, dei consumi di acqua e di terreni.
L'alimentazione 100% vegetale è quella che crea meno danni in assoluto; quella onnivora, con consumo di carne, pesce, latticini e uova a ogni pasto - come oggi considerato "normale" -, è quella che crea maggior distruzione e morte.

Possiamo pertanto annoverare anche questa notizia nella saga delle assurdità che abbiamo voluto intitolare "Lo stolto, il dito e la dieta vegetariana" e che ci auguriamo possa con essa dichiararsi conclusa.

La Redazione di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV

http://www.scienzavegetariana.it/news_dett.php?id=1366