Visualizzazione post con etichetta malattie croniche. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta malattie croniche. Mostra tutti i post

sabato 18 febbraio 2012

In che mani è la nostra salute?


Riporta Adnkronos Salute (Roma, 15 feb) che secondo un recente studio condotto dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, gli adulti italiani obesi ammontano a poco meno di 5 milioni (il 10% della popolazione), per un costo sociale annuo pari 8,3 miliardi di euro (circa il 6,7% della spesa pubblica). Un costo destinato a lievitare, perché nel 2025 il tasso di obesità potrebbe salire addirittura al 43%, che tradotto in “teste” significa 20 milioni di italiani.

Non solo: in Italia si registra il primato per sovrappeso e obesità anche nella fascia d'età tra i 6 e i 9 anni, con tassi di obesità infantile in crescita vertiginosa (+2,5% ogni 5 anni). Alla faccia della dieta mediterranea del terzo millennio, tanto propagandata come la “dieta più sana”, ma che invece nulla ha da spartire con l’originaria dieta mediterranea, sana davvero, ma che era essenzialmente una plant-based diet, cioè una dieta composta prevalentemente da cibi vegetali non-trasformati!

Ecco quindi il grido: Salute: allarme nutrizionisti, 20 milioni gli italiani obesi nel 2025! Sempre più necessaria una “manovra dietetica”.

MA quali sono le iniziative “sul piatto” che i nostri governanti stanno considerando?

1-La ventilata istituzione di una tassa sul cibo-spazzatura da parte del ministro della Salute: vedremo quali cibi saranno classificati tra i junk-food, ma dubitiamo che la proposta, anche se approvata, saprà agire a 360° su tutti gli alimenti in causa, compresi quelli di origine animale.

2-L’iniziativa "La manovra dietetica in Parlamento", presentata in data 15 febbraio 2012 in Parlamento: ribattezzata la "dieta dei parlamentari", viene già propagandata come di sicuro successo nella lotta all'obesità della popolazione italiana, in grado di ridurre il tasso di obesità in Italia e i relativi costi per lo Stato.

Peccato che questa proposta arrivi dal Centro studi Tisanoreica e che, come si legge sul suo sito istituzionale, questa dieta dimagrante (tisanoreica, appunto) si basi sul paradosso che per dimagrire bisogna mangiare in maniera disequilibrata provocando una carenza mirata, un temporaneo "squilibrio" alimentare per perdere peso ma non perdere le forme e la tonicità. Mutato nomine, la solita dieta chetogenica a basso indice glicemico, che produce nel breve termine malnutrizione e dismetabolismi, e in molti casi il veloce recupero del peso perduto al termine del trattamento: il tutto, inoltre, sulla base di presupposti scientifici non condivisi da tutti i nutrizionisti. La cosa peggiore, tuttavia, è che come tutte le “diete dimagranti” essa non modifica permanentemente il comportamento individuale nei confronti delle scelte alimentari, rendendo di fatto il sovrappeso-obesità una malattia in rapida espansione e, purtroppo, quasi incurabile.

Un metodo sicuro per la lotta all'obesità dovrebbe invece essere basato sulle prove scientifiche, sul beneficio clinico e sull’accettabilità da parte del paziente nel lungo termine.

Perché dunque non raccogliere gli insegnamenti di coloro che seriamente, con metodi scientifici, hanno dedicato una vita di studio ai rapporti tra alimentazione e peso corporeo?

Gli studi che hanno analizzato il rischio di sovrappeso-obesità in relazione ai tipi di cibo e alle abitudini alimentari indicano che una dieta a base vegetale rappresenta un efficace approccio nelle prevenzione dell’obesità, soprattutto di quella infantile.

Le diete che contengono elevate quantità di cibi vegetali, come le diete vegetariane, hanno infatti una densità energetica ridotta (= +cibo, - calorie), e sono ricche di carboidrati complessi, fibre e acqua: queste caratteristiche sono in grado di aumentare il senso di sazietà e il dispendio energetico a riposo. Coerentemente, gli studi scientifici dimostrano come i vegetariani siano più magri e vengano colpiti meno dalle altre gravi malattie che spesso si accompagnano alla condizione di sovrappeso-obesità (diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro).



Pertanto, il pattern alimentare che dovrebbe essere incoraggiato nella popolazione è solo uno: quello vegetariano. E non esclusivamente per motivi di salute, ma anche per la salvaguardia del pianeta. Le politiche agroalimentari dovrebbero sostenere la diffusione di queste informazioni e ridurre le pressioni culturali ed economiche che al momento attuale non permettono di proporre come modello alimentare di riferimento la dieta vegetariana.

Proporre alla popolazione il modello alimentare vegetariano come un modello positivo ideale “a cui tendere”, ben lungi da far diventare vegetariani tutti gli italiani veicolerebbe tuttavia il messaggio che consumare molti più cibi vegetali non trasformati e molti meno cibi animali potrebbe sensibilmente aiutare il singolo a mantenere il proprio peso corporeo sotto controllo.

Non c’è infatti alcun dato scientifico che giustifichi preoccupazioni per la salute di chi addotta un modello alimentare vegetariano, ma semmai è vero l’esatto contrario. I tentativi di far passare questa scelta alimentare come “rischiosa per la salute” risultano ormai facilmente smascherabili (grazie alla semplice navigazione sul sito http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/, il più vasto e aggiornato database bibliografico contenente informazioni sulla letteratura scientifica biomedica dal 1949 ad oggi) e semplicemente dequalificano la professionalità di chi li compie.

La riduzione dei costi sanitari del singolo e della società, attualmente assorbiti per la diagnosi e il trattamento delle malattie causate dalla dieta non sana adottata da gran parte dei cittadini italiani, permetterebbe di risparmiare risorse economiche da utilizzare per scopi ben più importanti e nobili, come ad esempio quelli di sostegno al lavoro, all’età infantile ed anziana, alla disabilità, all’istruzione.

Potremmo pagare i nostri parlamentari il doppio-triplo, se davvero capissero questa semplice equazione ed agissero di conseguenza! Mai denaro sarebbe meglio speso, mai risparmio sarebbe maggiore!

FONTI:

Barnard ND, Scialli AR, Turner-McGrievy G, Lanou AJ, Glass J. The effects of a low-fat, plant-based dietary intervention on body weight, metabolism, and insulin sensitivity. Am J Med. 2005 Sep;118(9):991-7.

Berkow SE, Barnard N. Vegetarian diets and weight status. Nutr Rev. 2006 Apr;64(4):175-88.

http://it.notizie.yahoo.com/salute-allarme-nutrizionisti-20-mln-italiani-obesi-nel-183800074.html

http://www.obesita.it/html/pag/it/appello.asp?fn=1#

Newby PK, Tucker KL, Wolk A. Risk of overweight and obesity among semivegetarian, lactovegetarian, and vegan women. Am J Clin Nutr. 2005 Jun;81(6):1267-74.

Sabaté J, Wien M. Vegetarian diets and childhood obesity prevention. Am J Clin Nutr. 2010 May;91(5):1525S-1529S. Epub 2010 Mar 17.

Thedford K, Raj S. A vegetarian diet for weight management. J Am Diet Assoc. 2011 Jun;111(6):816-8.

Tonstad S, Butler T, Yan R, Fraser GE. Type of vegetarian diet, body weight, and prevalence of type 2 diabetes. Diabetes Care. 2009 May;32(5):791-6.

Turner-McGrievy GM, Barnard ND, Scialli AR, Lanou AJ. Effects of a low-fat vegan diet and a Step II diet on macro- and micronutrient intakes in overweight postmenopausal women. Nutrition. 2004 Sep;20(9):738-46.



martedì 6 novembre 2007

L’ipertensione

di Luciana Baroni


L’ipertensione è una malattia cardiovascolare molto diffusa nei Paesi occidentali, che colpisce 1 miliardo di persone al mondo. In Italia 1 adulto su 3 è iperteso, ma la malattia sta comparendo anche tra i giovani: il 10% dei ragazzi in sovrappeso è infatti iperteso, e i ragazzi in sovrappeso sono circa il 35%!

Anche se chi è iperteso può non avere nessun disturbo, ha però un rischio aumentato di complicazioni vascolari: 3 volte per l’infarto del miocardio, 5 volte per l’insufficienza cardiaca, 8 volte per l’ictus cerebrale. L’ipertensione inoltre predispone all’insufficienza renale ed a danni retinici, che possono condurre alla dialisi e alla cecità. Nel mondo l’ipertensione arteriosa è causa ogni anno di 500.000 casi di ictus cerebrale e 1.250.000 casi di eventi coronarici acuti!

Nel 5-10% dei casi l’ipertensione è secondaria a specifiche malattie (soprattutto renali, tumorali e ormonali), mentre nel 90-95 % dei casi si definisce “essenziale”, cioè non è possibile identificarne la causa. Sebbene l’ereditarietà giochi un ruolo nella sua comparsa, è ormai ben stabilita l’influenza rilevante esercitata dalla dieta e dalle altre abitudini dello stile di vita.

I valori della pressione normale variano a seconda dell’ora della giornata, dello stato emotivo, dell’attività fisica esercitata e dell’età, ma non devono superare il valore di 120/80 a riposo (valori ottimali). Si parla di ipertensione quando i valori pressori risultino stabilmente superiori a 140/90. L’intervallo intermedio di valori, tra quelli ottimali e quelli elevati, viene definito “pre-ipertensione”, e richiede un approccio non-farmacologico che si basa sulle modificazioni dello stile dei vita (TLC, Therapeutic Lifestyle Changing).

Nell’ipertensione, invece, il trattamento farmacologico va sempre commisurato al rischio vascolare legato alla coesistenza di altre situazioni, ma non può e non deve sostituire le TLC, ma aggiungersi ad esse. La maggioranza dei pazienti ipertesi può infatti beneficiare anche solo dei cambiamenti dello stile di vita che riducono la pressione, e che aumentano l’efficacia dell’eventuale terapia antipertensiva.

L’ipertensione risulta essere significativamente meno comune tra i vegetariani dei Paesi Occidentali, e alcuni studi hanno dimostrato come una dieta a base di cibi vegetali sia in grado di mantenere nei limiti della norma i valori di pressione arteriosa, e di abbassare fino a normalizzarne i valori negli ipertesi.

Ecco le regole principali che devono essere adottate da tutti gli ipertesi, per normalizzare i valori pressori o per ridurre il ricorso ai farmaci:

1-Adottate di una dieta molto povera di grassi e ricca di frutta e verdura, che permette di ridurre la pressione di 8-14 mmHg. Mangiate in abbondanza frutta e verdura fresche e crude, e cucinate poco le verdure, lasciandole croccanti: saranno già gustose così al naturale e aumenteranno le riserve di potassio, che aiuta a ridurre la pressione.
2-Riducete il peso corporeo, puntando a raggiungere valori normali (cioè compresi tra 18.5 e 24.9 di Indice di Massa Corporea-BMI). Spesso, questa è l’unica misura necessaria per correggere l’ipertensione. Infatti, per ogni 10 kg persi, la pressione si abbassa di 5-20 mmHg. E’ fondamentale scegliere cibi a bassa densità calorica, che cioè in grandi volumi concentrino poche calorie: queste caratteristiche sono possedute dai cibi vegetali consumati al naturale, quindi ricchi di acqua, fibre e poveri di sostanze aggiunte come grassi e zuccheri (nonché sale).
3-Riducete il sale nella dieta, cercando di non superare un cucchiaino di sale (5-6 g) al giorno. Non utilizzate la saliera, e cercate il sale “nascosto” nei cibi prodotti industrialmente, leggendo l’etichetta (evitare cibi che riportano tra i primi cinque ingredienti termini come “sale”, “sodio”, “sodico”, preferire i prodotti “senza sale aggiunto”). Imparate ad insaporire i cibi con succo di limone, prezzemolo, origano, aglio o cipolla. Nei molti soggetti sensibili al sale, questo riduce la pressione di 2-8 mmHg.
4-Praticate regolare attività fisica aerobica (camminare a passo veloce, nuotare), che riduce le resistenze arteriose periferiche. Una banale passeggiata a passo veloce di 30 minuti al giorno permette di ridurre la pressione arteriosa di 4-9 mmHg. Inoltre, un regolare esercizio fisico è fonte di benessere e migliora lo stato di salute generale. Attenzione va invece posta, soprattutto in chi è già iperteso, all’esercizio isometrico (es. sollevamento pesi), che al contrario agisce aumentando le resistenze periferiche e quindi i valori pressori.
5-Eliminate l’alcol: oltre a giovare a molti altri organi, questo permette di ridurre la pressione di 2-4 mmHg. L’alcol, anche se consumato con moderazione, può influenzare il 5-15% di tutti i casi di ipertensione.
6-Controllare lo stress e ridurre/abolire le sostanze voluttuarie che agiscono sfavorevolmente sulla pressione, come il fumo e il caffè, sono infine un particolare che completa un efficace approccio igienico all’ipertensione.

Anche se la correzione delle abitudini di vita che rappresentano fattori di rischio di ipertensione risulta essere un l’intervento decisamente più difficile che somministrare alcune pillole, risulta tuttavia il più efficace, duraturo ed economico in termini di salute pubblica, perché il più naturale.

Ma si può mangiare con soddisfazione anche se si è ipertesi, con piatti poveri di sodio e di grassi, da completare con frutta e verdura fresche!

lunedì 5 novembre 2007

Come proteggere con lo stile di vita la salute dell'osso

di Luciana Baroni
Il tessuto osseo è il costituente dello scheletro, l’“impalcatura” che sì, cresce con noi e sostiene il peso dei nostri organi e tessuti, ma che è soprattutto la “banca del Calcio”, minerale indispensabile per la funzione di nervi, cuore, muscoli e cervello. L’osso è un tessuto vivo, in continua trasformazione per l’incessante e simultaneo sovrapporsi di processi di riassorbimento e di ricostruzione. Fino al raggiungimento del “picco di massa ossea” (massimo sviluppo dell’osso, attorno ai 35 anni di età), i processi di costruzione prevalgono su quelli di assorbimento. In seguito i processi di costruzione si riducono, e prevalgono i processi di riassorbimento: ciò causa una progressiva perdita di massa ossea, che entro certi limiti può tuttavia essere considerata “normale” invecchiamento.
Ma se questa perdita è di tale entità da rendere l’osso debole e a rischio di rottura, allora questa condizione diventa una malattia, l’Osteoporosi, che decorre asintomatica per molti anni, finché non causa fratture spontanee o provocate da traumi banali a carico di vertebre, coste, polso e soprattutto femore. E’ ben noto come la frattura di femore sia una situazione tutt’altro che infrequente e molto grave, in quanto può portare a morte od invalidità permanente.

L’importanza dello Stile di Vita deriva proprio dal fatto che le principali abitudini che lo compongono (dieta, esercizio fisico, tabacco, caffè ed alcool), sono in grado di influenzare la Salute dell’osso, agendo sia sulla deposizione che sul mantenimento di Calcio nell’osso. Vediamo come.

1. La Dieta: tutti sanno che per prevenire l’Osteoporosi bisogna assumere molto Calcio. Bene, non è proprio così. Ci sono Popolazioni (come in Asia o nell’Africa nera), che assumono pochissimo Calcio dagli alimenti, eppure non conoscono l’Osteoporosi. Altre Popolazioni (come quelle Occidentali o gli Eskimesi), che assumono enormi quantità di Calcio, ma presentano un tasso di Osteoporosi elevatissimo. Non è quindi solo un problema di quantità di Calcio. Il problema è quello di ottenere il Calcio dagli alimenti in modo tale che almeno una parte di quello introdotto rimanga all’interno dell’organismo. Alcuni componenti della dieta sono infatti responsabili di rubare Calcio all’osso, in quanto provocano l’eliminazione di grandi quantità di Calcio dall’organismo.
Le Proteine, fondamentali per la crescita dell’osso, quando in eccesso ne provocano la demolizione, in quanto per “neutralizzare”gli scarti acidi una grande quantità di Calcio deve essere immesso nelle urine: Calcio sottratto allo scheletro, che viene così irrimediabilmente perduto. Sono i cibi animali i più dannosi, primo perché ricchi di Proteine, secondo perché le Proteine animali sono le più acide. I derivati del latte contengono molto Calcio ma anche molte Proteine animali e molto Fosforo, e la quantità di Calcio che rimane all’organismo una volta sottratte le perdite è molto scarsa se non addirittura nulla. Carne e pesce contengono, oltre a molte Proteine animali, poco Calcio e molto Fosforo, provocando sempre e senza scampo perdita di Calcio dall’organismo. Così agisce anche il Sale, e non solo quello da cucina, ma anche tutto quello contenuto nei cibi animali confezionati.
Le migliori fonti alimentari di Calcio sono di origine vegetale: verdure a foglia verde e legumi (greens & beans), sono ricchissimi di Calcio oltre che fonte di altri importanti Nutrienti. I cibi vegetali in genere contengono inoltre adeguate ma non eccessive quantità di Proteine, sono poveri di Sodio, ricchissimi di Potassio e quindi in grado di “neutralizzare” l’acidità delle urine mantenendo od aumentando il contenuto di Calcio nell’osso. I cibi a base di soia contengono delle sostanze fitochimiche, gli Isoflavoni, che hanno la proprietà esclusiva di agire come gli estrogeni ma possono esercitare effetti protettivi sull’osso e sui tessuti ormono-sensibili.

2. L’esercizio fisico: E’ noto a tutti come gli astronauti nello spazio perdano massa ossea in assenza di gravità, così come anche solo un arto, immobilizzato magari per una frattura, possa perdere in qualche settimana molta massa ossea. Le persone sedentarie sono a rischio elevato, mentre le persone che praticano attività sportiva mantengono una buona massa ossea nell’arco di tutta la vita. La pratica di regolare esercizio fisico è fondamentale per mantenere il Calcio a livello dell’osso. Lungi dal pensare di diventare tutti degli atleti, è importante a tutte le età cercare di mantenersi fisicamente attivi, dedicando almeno 1 ora della giornata ad una passeggiata all’aria aperta: oltre che sollecitare in modo positivo l’osso, esporsi ai raggi solari permette di mantenere adeguati i livelli della Vitamina D, che si forma nella pelle (anche solo del viso o delle mani) e che è pure importantissima per la Salute dell’osso.

3. Le abitudini voluttuarie (alcool, caffeina e tabacco) aumentano molto il rischio di fratture, ma non solo, esistono moltissimi validi e noti motivi per cui chi è dedito a queste sostanze si decida a ridurne o evitarne l’uso.

Comportarsi in modo da mantenere un osso sano per tutta la vita è quindi possibile e raccomandabile, ed è qualcosa che è utile anche per la prevenzione delle altre malattie croniche legate allo stile di vita (Obesità, Diabete, Ipertensione, Cancro, Arteriosclerosi, Artrosi, Demenza, Malattia di Parkinson) che stanno dilaniando le nostre “Società del benessere”.

domenica 4 novembre 2007

L'obesità può ridurre la durata della vita anche di 20 anni

Fonte: JAMA 2003;289:187-193.


I risultati di uno studio statunitense pubblicate sul numero dell'8 Gennaio del Journal of the American Medical Association, indicano che, in media, l'obesità può accorciare di più di 10 anni la vita di una persona; agli uomini di colore, addirittura, può abbreviarla anche di 20 anni.

Le scoperte supportano l'idea che l'eccesso di peso corporeo sia un problema per la salute, e dovrebbe stimolare i medici e i funzionari della sanità pubblica a raddoppiare gli sforzi per arginare la crescente epidemia di obesità. "L'eccesso di peso non ha ricevuto la stessa attenzione da parte dei medici e dei funzionari della sanità pubblica di altri fattori che minacciano la salute, come l'uso di tabacco, l'ipertensione, o l'ipercolesterolemia," scrivono in un editoriale di accompagnamento JoAnn E. Manson e Shari S. Bassuk, del Brigham and Women's Hospital di Boston. "Non è sorprendente che i tassi di obesità continuino a crescere." I risultati mostrano che "l'obesità ha un importante effetto sulla durata della vita," dichiarano l'autore dello studio, David B. Allison, della University of Alabama di Birmingham, e i suoi collaboratori. Secondo il report, l'obesità è particolarmente pericolosa per i giovani. Gli uomini bianchi gravemente obesi, di età compresa tra i 20 e i 30 anni, vivono circa 13 anni in meno degli altri individui della popolazione generale. Le donne bianche gravemente obese hanno un'aspettativa di vita di 8 anni più breve rispetto alle loro controparti non-obese. L'obesità ha anche un importante effetto sulla durata della vita dei giovani di colore. I giovani di colore obesi, tra i 20 e i 30 anni, perdono circa 20 anni e le donne obese di colore perdono circa 5 anni di vita, anche dopo aver aggiustato i dati per l'abitudine al fumo. Secondo lo studio basato sui dati di osservazione nazionale, gli adulti bianchi con un indice di massa corporea (BMI) da 23 a 25 e gli adulti di colore con un BMI da 23 a 30 sono vissuti più a lungo. I risultati quantificano i rischi sanitari associati all'obesità, specialmente per i giovani e gli adulti di mezza età. I ricercatori avvertono che, poichè circa due terzi della popolazione adulta degli USA è in sovrappeso od obesa, queste scoperte predicono una crisi sanitaria in evoluzione. Gli autori richiedono ulteriori studi, particolarmente sulle apparenti differenze razziali osservate. Nondimeno, questi risultati "confermano che l'obesità è uno dei più gravi problemi di sanità pubblica che sembra diminuire marcatamente l'aspettativa di vita, specialmente tra le persone nei più giovani gruppi d'età," come concludono il Dr. Allison e i colleghi.