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martedì 6 novembre 2007

Vegetarismo ed età anziana

di Luciana Baroni

Nei Paesi industrializzati l’età media della popolazione sta aumentando, ed il numero degli anziani sta gradualmente prendendo il sopravvento. I nostri figli hanno una maggior probabilità rispetto a noi genitori di vivere a lungo. Ma vivere come?

Una vecchiaia in salute, che può durare anche più di una ventina d’anni, è una fase della vita di ciascun individuo che vale la pena di essere vissuta, in quanto unica nei suoi aspetti piacevoli (saggezza maturata, possibilità di utilizzo del tempo libero, superamento di molti obbighi e responsabilità), ed in quelli spiacevoli (solitudine, limitazioni fisiche, depressione). Vecchiaia non è sinonimo di malattia, ma il bilancio di questi due aspetti è governato dallo stato di salute, e con l’avanzare dell’età aumenta il rischio di malattia.

Solo una piccola parte di anziani riesce ad invecchiare sano, mantenendo l’autosufficienza fino alla fine e rimanendo presso la propria abitazione, anche perché spesso si tratta di donne che da sempre sono in grado di cavarsela benissimo da sole.

La stragrande maggioranza degli anziani invece arriva a questa età dovendo affrontare una serie di problemi di salute, solitamente cronici. Quando una malattia è “cronica” vuol dire che non guarisce, e può solo non peggiorare o peggiorare più lentamente se curata. L’insorgenza di nuove malattie croniche nello stesso individuo porta a totalizzare un “carnet” di malattie, e di relativi medicinali da assumere, che molto spesso supera lo spazio di memoria necessario per ricordarle.

Semplificando al massimo, una persona sarà “tanto più” ammalata, “tante più” o “tanto più gravi” sono le malattie dalle quali è affetta. Tanto più ammalato è un anziano, tanto peggiore sarà la sua qualità di vita.

Ad un certo punto scatta la condizione di non-autosufficienza, situazione terribile per la dignità umana e devastante -quando vissuta coscientemente dal soggetto- dal punto di vista psicologico: l’individuo non è più in grado di badare a sé stesso, di compiere le normali attività di tutti i giorni (cura della persona, mangiare, spostarsi) e dipende dall’aiuto determinante di un’altra persona, il caregiver (colui che presta l’assistenza).

La non-autosufficienza si instaura a causa di limitazioni fisiche che compromettono il movimento, per problemi mentali che limitano la capacità di autogestirsi o, come spesso accade, per la coesistenza di entrambi.

Le malattie più frequenti sono Artrosi, Arteriosclerosi ed Ipertensione con relative complicanze (ictus cerebrale con emiplegia, infarto del miocardio, arteriopatia periferica), Diabete, Osteoporosi, Parkinson e Demenza.

Altre frequenti malattie, i Tumori, compromettono lo scorrere della vita in fasi differenti: possono non permettere all’individuo di invecchiare, o farlo invecchiare vittima di enormi sofferenze.

Tutte queste patologie in varia ma non irrilevante misura sono prevenibili con l’Alimentazione. La loro incidenza risulta infatti nettamente superiore nei Paesi dove la dieta è ricca di prodotti animali e povera di cibi semplici. Nei Paesi dove la dieta si basa soprattutto su alimenti vegetali queste malattie sono molto meno frequenti od addirittura sconosciute.

Poiché gli anziani costituiscono la quota di popolazione “non produttiva”, il cui carico economico-assitenziale è affidato al resto della popolazione, è chiaro come sia di vitale importanza anche per la Società stessa che il maggior numero di individui diventi un anziano-sano.

Superare in buona salute i 65 anni è però qualcosa che non si improvvisa e che non dipende più di tanto dal destino, anche se un po’ di fortuna comunque non guasta. E’ qualcosa a cui ci si deve preparare “prima”, rispettando delle regole di vita sana.

In quest’ottica, una corretta Alimentazione Vegetariana, tanto più povera di cibi animali indiretti e tanto più precocemente abbracciata, è sicuramente una variabile determinante dello stato di salute dell’individuo. Solo per i tumori, è stato stimato che i circa 30-50% dei casi sia da ricondurre a fattori dietetici.

Ecco quindi come la Nutrizione Vegetariana rivesta a tutti gli effetti un ruolo di Prevenzione Primaria, alla stregua di altre misure in grado di controllare gli altri fattori di rischio di malattia (es. fumo), permettendo il mantenimento dello stato di Salute dell’individuo nel tempo, compatibilmente con le fisiologiche modificazioni dell’organismo dovute all’invecchiamento.

Ma l’Alimentazione Vegetariana ha molte potenzialità anche come misura di Prevenzione Secondaria proprio di quelle malattie tanto frequenti nell’anziano: è cioè in grado di rallentare od invertirne il decorso, una volta che si siano instaurate: questo è possibile per l’Arteriosclerosi (come dimostrato dagli studi del dr. Ornish sulla regressione della arteriosclerosi coronarica), il Diabete, l’Ipertensione, molti Tumori, l’Osteoartrosi. Una dieta Vegetariana è inoltre utile nella malattia di Parkinson, rallentando il percorso verso l’invalidità fisica.

La possibilità di riuscire a migliorare il decorso di queste malattie, permette di incidere sull’utilizzo di farmaci, spesso responsabili di effetti collaterali e vere e proprie malattie (denominate appunto “jatrogene”, cioè secondarie, in senso lato, all’intervento medico), oltre che essere una delle cause di dissesto finanziario dello Stato Sociale –se esiste- o del singolo individuo, che spesso deve rinunciare a mangiare od a riscaldarsi per potersi pagare le medicine.

A tutte le età, e fino alla fine, la vita deve comunque essere un evento “dignitoso”: alcune scelte di vita, tra le quali il tipo di Alimentazione, possono permettere di attraversare l’ultima non breve fase della nostra permanenza terrena con la gioia di “esserci”.

La dieta vegetariana in menopausa

di Luciana Baroni

La menopausa è stata a lungo identificata con la fine della vita attiva della donna, e in un certo senso con l’anticamera della vecchiaia e della morte. Si tratta invece di una delle tante fasi della vita, che si succedono costantemente, e che va vissuta e apprezzata per tutto quello che è e che può dare. Quello che può dare infatti la menopausa spesso costituisce addirittura un guadagno rispetto alle precedenti età: “…la donna a cinquant’anni è in grado di ricalcare pienamente il modello maschile: fortemente affermata sul piano lavorativo, economicamente indipendente, socialmente sicura,…e senza mestruazioni, che ancor più le toglie la differenza di genere. In pratica un’unisex con un vantaggio biologico rispetto all’uomo: quello di avere una prospettiva di vita più lunga e più sana (Chiechi LM: la menopausa nella società postindustriale-critica alla costruzione medica della menopausa, Aracne ed. 2006).
In quest’epoca della vita si verifica però una modificazione del metabolismo con riduzione del fabbisogno energetico e aumentata richiesta di alcuni nutrienti, e possono comparire alcuni disturbi che, indipendentemente dal processo di normale invecchiamento dell’organismo, dipendono precipuamente dal crollo dei livelli degli estrogeni circolanti, dovuti alla cessata attività ovarica.
Se la riduzione del fabbisogno energetico predispone infatti, come nell’uomo, al rischio di soprappeso-obesità, diabete e malattie cardiovascolari, il crollo degli estrogeni aumenta il rischio di osteoporosi e altera l’equilibrio del sistema nervoso autonomo, situazione nota appunto come sindrome neurovegetativa, il cui sintomo cardine sono le vampate di calore.
Per quanto riguarda l’osteoporosi, cioè la perdita di tessuto osseo, va chiarito che questa non colpisce in egual misura tutte le donne del Pianeta, ma privilegia quelle che vivono nei Paesi occidentali. E’ infatti una patologia a genesi multifattoriale, ma che sostanzialmente si sviluppa in condizioni che favoriscono una perdita di calcio dall’organismo (cioè il bilancio negativo di questo minerale) e che dipendono in gran parte dall’ambiente e dallo stile di vita. Se l’assunzione di adeguate quantità di calcio è importante, nella misura di almeno 550 mg al giorno, l’evidenza scientifica non supporta il ruolo di elevati consumi di latte e derivati nella prevenzione dell’osteoporosi. Appare per contro di primaria importanza il controllo di quei fattori che sottraggono –direttamente o indirettamente- calcio all’organismo: tra questi, al primo posto si collocano gli elevati consumi di proteine soprattutto da fonte animale, seguiti da elevate assunzioni di fosforo, sale, caffeina, alcol. Il ruolo dei fitoestrogeni appare ancora controverso, ma questo probabilmente dipende solo dal fatto che gli studi clinici non sono stati in grado di riprodurre l’effetto di queste sostanze nel contesto di una dieta che naturalmente li contenga in abbondanza, cioè una dieta a base vegetale, che è oltretutto ricca di frutta e verdura, gli unici cibi il cui consumo si è dimostrato realmente in grado di proteggere nei confronti dell’osteoporosi.
La sindrome neurovegetativa colpisce la gran parte delle donne occidentali, mentre ha una bassa incidenza per esempio nelle donne asiatiche. Essa sembra riconducibile a un’alterazione dei livelli cerebrali di neurotramettitori, in particolar modo di serotonina, fatto che altera i meccanismi di controllo della temperatura corporea: si innescano reazioni atte ad abbassarla anche in condizioni che di fatto non lo richiedono, attraverso vasodilatazione cutanea (la vampata) e le sudorazioni notturne. Poiché i livelli di serotonina vengono aumentati da ridotte assunzioni di proteine e aumentati introiti di carboidrati nella dieta, è chiaro come le diete e base vegetale siano in grado di agire favorevolmente su questo disturbo tipico della menopausa. Al loro effetto contribuisce anche l’elevato contenuto di fitoestrogeni, che possono agire sia sui recettori estrogenici che come antiossidanti, unitamente alle molte altre sostanze antiossidanti contenute nelle diete a base vegetale.
Per concludere quindi, ritengo che una dieta a base vegetale, per le caratteristiche rapidamente tratteggiate, possa essere d’aiuto alla donna in menopausa, perché in grado di proteggerla dai piccoli “grandi fastidi” di questa fase, ma soprattutto perché strumento potente di prevenzione del soprappeso, del diabete, delle malattie cardiovascolari e del tumore alla mammella, nonché probabilmente dell’osteoporosi. Provare per credere!