di Luciana Baroni
La menopausa è stata a lungo identificata con la fine della vita attiva della donna, e in un certo senso con l’anticamera della vecchiaia e della morte. Si tratta invece di una delle tante fasi della vita, che si succedono costantemente, e che va vissuta e apprezzata per tutto quello che è e che può dare. Quello che può dare infatti la menopausa spesso costituisce addirittura un guadagno rispetto alle precedenti età: “…la donna a cinquant’anni è in grado di ricalcare pienamente il modello maschile: fortemente affermata sul piano lavorativo, economicamente indipendente, socialmente sicura,…e senza mestruazioni, che ancor più le toglie la differenza di genere. In pratica un’unisex con un vantaggio biologico rispetto all’uomo: quello di avere una prospettiva di vita più lunga e più sana (Chiechi LM: la menopausa nella società postindustriale-critica alla costruzione medica della menopausa, Aracne ed. 2006).
In quest’epoca della vita si verifica però una modificazione del metabolismo con riduzione del fabbisogno energetico e aumentata richiesta di alcuni nutrienti, e possono comparire alcuni disturbi che, indipendentemente dal processo di normale invecchiamento dell’organismo, dipendono precipuamente dal crollo dei livelli degli estrogeni circolanti, dovuti alla cessata attività ovarica.
Se la riduzione del fabbisogno energetico predispone infatti, come nell’uomo, al rischio di soprappeso-obesità, diabete e malattie cardiovascolari, il crollo degli estrogeni aumenta il rischio di osteoporosi e altera l’equilibrio del sistema nervoso autonomo, situazione nota appunto come sindrome neurovegetativa, il cui sintomo cardine sono le vampate di calore.
Per quanto riguarda l’osteoporosi, cioè la perdita di tessuto osseo, va chiarito che questa non colpisce in egual misura tutte le donne del Pianeta, ma privilegia quelle che vivono nei Paesi occidentali. E’ infatti una patologia a genesi multifattoriale, ma che sostanzialmente si sviluppa in condizioni che favoriscono una perdita di calcio dall’organismo (cioè il bilancio negativo di questo minerale) e che dipendono in gran parte dall’ambiente e dallo stile di vita. Se l’assunzione di adeguate quantità di calcio è importante, nella misura di almeno 550 mg al giorno, l’evidenza scientifica non supporta il ruolo di elevati consumi di latte e derivati nella prevenzione dell’osteoporosi. Appare per contro di primaria importanza il controllo di quei fattori che sottraggono –direttamente o indirettamente- calcio all’organismo: tra questi, al primo posto si collocano gli elevati consumi di proteine soprattutto da fonte animale, seguiti da elevate assunzioni di fosforo, sale, caffeina, alcol. Il ruolo dei fitoestrogeni appare ancora controverso, ma questo probabilmente dipende solo dal fatto che gli studi clinici non sono stati in grado di riprodurre l’effetto di queste sostanze nel contesto di una dieta che naturalmente li contenga in abbondanza, cioè una dieta a base vegetale, che è oltretutto ricca di frutta e verdura, gli unici cibi il cui consumo si è dimostrato realmente in grado di proteggere nei confronti dell’osteoporosi.
La sindrome neurovegetativa colpisce la gran parte delle donne occidentali, mentre ha una bassa incidenza per esempio nelle donne asiatiche. Essa sembra riconducibile a un’alterazione dei livelli cerebrali di neurotramettitori, in particolar modo di serotonina, fatto che altera i meccanismi di controllo della temperatura corporea: si innescano reazioni atte ad abbassarla anche in condizioni che di fatto non lo richiedono, attraverso vasodilatazione cutanea (la vampata) e le sudorazioni notturne. Poiché i livelli di serotonina vengono aumentati da ridotte assunzioni di proteine e aumentati introiti di carboidrati nella dieta, è chiaro come le diete e base vegetale siano in grado di agire favorevolmente su questo disturbo tipico della menopausa. Al loro effetto contribuisce anche l’elevato contenuto di fitoestrogeni, che possono agire sia sui recettori estrogenici che come antiossidanti, unitamente alle molte altre sostanze antiossidanti contenute nelle diete a base vegetale.
Per concludere quindi, ritengo che una dieta a base vegetale, per le caratteristiche rapidamente tratteggiate, possa essere d’aiuto alla donna in menopausa, perché in grado di proteggerla dai piccoli “grandi fastidi” di questa fase, ma soprattutto perché strumento potente di prevenzione del soprappeso, del diabete, delle malattie cardiovascolari e del tumore alla mammella, nonché probabilmente dell’osteoporosi. Provare per credere!
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