Proteggere le ossa con il calcio, il sangue con il ferro. Controllare l'insulina con le fibre. Dalla scienza le regole della buona tavola
di Paolo Pernigotti - L'Espresso
È finito il tempo delle buone quanto banali norme della nonna. Oggi quel che si deve mettere in tavola per vivere il più a lungo possibile in buona salute lo decretano gli scienziati armati di decine di studi clinici che provano l'effetto di minerali, vitamine, carboidrati sulla degenerazione degli organi; di rassegne epidemiologiche che illustrano quali popolazioni vivono più a lungo e ne scandagliano le norme alimentari; di strumenti diagnostici sofisticati in grado di vedere come i diversi organi reagiscono alle diverse sollecitazioni alimentari. Apprendiamo così, studi clinici alla mano, che le fibre proteggono dal cancro e dall'alzheimer; o, grazie all'epidemiologia, che popoli nutriti con molto pesce soffrono meno di malattie cardiovascolari, oppure, osservando i flussi dell'insulina, impariamo a conoscere il complicato puzzle del metabolismo degli zuccheri. Così apprendiamo con precisione cosa accade nel nostro organismo quando scegliamo una pietanza piuttosto che un'altra. E su questa base la scienza ci indica quali sono gli errori più diffusi e come correggerli.
Spiega Ottavio Bosello, geriatra, nutrizionista e presidente della Società Italiana di Obesità: «La parte del leone nella dieta degli italiani la fanno gli alimenti di origine animale, ricchi soprattutto di grassi e poveri di sali minerali e vitamine, proprio di ciò che è più utile al nostro benessere di cui, invece, sono ricchi i carboidrati complessi (pane, pasta, riso, verdure)». Prima grande assente sulle nostre tavole dunque è la fibra. «È il principale costituente delle feci», ricorda Bosello: «Se manca, il primo disturbo è la stipsi. E stipsi significa quasi inevitabilmente emorroidi. Ma la più prolungata sosta delle feci nel colon facilita anche l'assorbimento di eventuali sostanze cancerogene da parte delle pareti intestinali. Infine l'accresciuta pressione all'interno del lume può causare la formazione di diverticoli, che vanno soggetti a infiammazioni, talvolta anche a perforazioni». Non solo: per ovviare al problema, gli italiani abusano di lassativi col risultato di far venir meno col tempo le funzioni fisiologiche dell'intestino. A questo si aggiunga che gran parte dei lassativi funzionano richiamando acqua: ne deriva la perdita di alcuni sali e fra questi il potassio, con conseguenti danni al rene.
Ma non è tutto. La fibra ci obbliga a un esercizio muscolare sempre meno praticato di questi tempi frenetici: la masticazione. E più si rumina più ci si sente sazi, quindi si è portati a mangiar meno. Stesso effetto nello stomaco, dove la fibra fa volume, la dilatazione distende le pareti e provoca la secrezione di un ormone, la colecistochinina, che agisce sul cervello spronandoci ad alzarci da tavola senza esserci ingozzati. Se si mangia poca fibra, quindi, si mangia anche di più.
Ancora: il duodeno effettua una parziale digestione degli alimenti prima di metterli a disposizione dell'intestino per il loro assorbimento. Questo processo è favorito dalla presenza di fibra: se manca si verificano più facilmente quei picchi iperglicemici con conseguenti rappresaglie di insulina, che vengono associati sempre più spesso a gravi patologie metaboliche e cardiovascolari. Mentre se sono i lipidi a essere assorbiti troppo rapidamente in carenza di fibra, essi giungono al fegato senza essere stati elaborati, il che li rende di gran lunga più dannosi.
Di fibra non ce n'è una sola. Nei cereali abbonda, sotto forma di crusca, quella che ha più potere meccanico e che viene spesso distrutta nella lavorazione delle farine destinate alla pasta doppio zero o eliminata dal pane per renderlo bianco. L'altro tipo di fibra ha funzione più metabolica ed è contenuta nella frutta. Sotto forma di pectina ha la funzione di rallentare l'assorbimento degli zuccheri semplici, presenti in quantità. Si trova soprattutto nella buccia e viene distrutta dalla frullatura. Altrettanto ricchi di fibra sono i legumi, alimenti fra i più completi presenti in natura: contengono proteine, lipidi, carboidrati, vitamine e sali.
«Nella nostra dieta non possiamo fissarci solo su alcuni alimenti, per quanto preziosi. Le sostanze utili al nostro organismo», afferma Bosello, «sono tante e variamente distribuite. Dobbiamo evitare che alcune siano escluse dalla nostra alimentazione. Sono proprio le diete troppo ripetitive e monotone che, al giorno d'oggi, provocano le più diffuse carenze alimentari». Come sanno bene i forzati delle diete fai-da-te o prescritte da incompetenti. «Diete sbagliate, che tolgono qualche chilo ogni volta per restituirne, poi, qualcuno di più. Chili che, via via, portano all'obesità, spesso accompagnata da carenze nutrizionali. Carenze di microalimenti, in particolare, carenze tanto più pericolose perché non si manifestano rapidamente in modo conclamato, ma subdolamente e in tempi lunghi. Si fa sempre più strada, ad esempio, la convinzione che certi mal di testa , certi mal di pancia, certe febbri cui non si riesce a dare spiegazioni siano proprio causate da carenze di microalimenti nella dieta», aggiunge il nutrizionista.
Fra questi, il calcio, che si trova nel latte e nei latticini, in pesci e molluschi, come l'acciuga, il polpo, il dentice e la sarda, nei cavoli e nel radicchio verde, nella frutta secca, nelle arance e nei fichi. È un minerale prezioso per le ossa che già dopo i vent'anni cominciano a perdere progressivamente consistenza. Se è insufficiente nella dieta, e tanto più se la carenza si associa a situazioni particolari come la menopausa e la sedentarietà, il risultato è spesso una conclamata osteoporosi.
Alle carenze di microalimenti provocati da diete dissennate si risponde con un'altrettanto dissennata passione per gli integratori che affollano i banconi delle farmacie. «Nel caso del calcio questo è possibile», spiega Bosello, «perché si tratta di un minerale facilmente assorbibile. Purtroppo non esistono dimostrazioni scientifiche dell'efficacia. Quel che è peggio, di molti integratori non esistono dimostrazioni neanche della loro innocuità. È sempre più saggio attingere alle risorse che ci offre la natura, senza rischiare di alterare equilibri preziosi dentro e fuori di noi».
Come dimostra la storia dei fumatori: tra quelli che avevano un elevato livello di beta carotene nel sangue gli epidemiologi hanno constato una minore incidenza di tumori polmonari. Il beta carotene è uno dei 400 e più carotenoidi precursori della vitamina A, importante antiossidante, così gli scienziati hanno provato a somministrare forti dosi di beta carotene a un certo numero di fumatori incalliti mentre ad altrettanti è stato somministrato un placebo. Dopo un paio d'anni l'esperimento è stato bruscamente interrotto dalle autorità sanitarie perché i soggetti cui era stato somministrato il beta carotene erano stati colpiti da tumore assai più degli altri. Cosa era accaduto? Spiega Bosello: «Che, probabilmente, l'alto tasso di questo precursore della vitamina A aveva inibito l'assorbimento degli altri carotenoidi, alterando un equilibrio che aveva proprio in sé benefici effetti antitumorali. Benefici, quanto imperscrutabili: ecco perché è meglio affidarci alla natura e alle risorse che ci offre».
Altra carenza alimentare piuttosto frequente riguarda il ferro, che pure è assai diffuso: nei cereali integrali come nelle verdure e nei legumi. Ma anche qui, per una giusta razione, occorre un concorso di fonti diverse: chi ha un suo rigido menù e non se ne sa staccare corre il rischio di andare in rosso con questo prezioso microelemento. Pure in questo caso è soprattutto questione di condizioni concomitanti: se, infatti, ciò coincide con copiose perdite di sangue (si tratti di abbondanti mestruazioni o ulcere a lungo sanguinanti) un'anemia può facilmente instaurarsi. Causa anemia, d'altronde, anche la carenza di vitamina B 12: avviene spesso nella dieta dei cosiddetti Vegani, di coloro, cioè, che si nutrono esclusivamente di vegetali (la B12 è presente solo nei cibi di origine animale).
La mancanza di folati nella dieta può originare grossi guai. Il nome lo dice: sono presenti soprattutto nei vegetali a foglia verde come lattuga e spinaci, nelle arance e nei legumi. La loro mancanza, spesso associata a quella della B12, favorisce l'insorgenza di anemie e determina l'aumento di una sostanza nel sangue, l'omocisteina, che danneggia le pareti delle arterie, grandi e piccole. Il danno clinico più frequente è la demenza. Negli Stati Uniti se ne sono preoccupati al punto che, da tempo, a tutti i prodotti a base di cereali vengono associati i folati.
A tavola inizia anche la prevenzione dei tumori. Molte sostanze favoriscono il processo di danneggiamento cellulare che porta alla formazione di neoplasie. Ma molte, anche, possono prevenirlo.
Tra le prime: amine eterocicliche, acrilamine, nitrosamine, aflatossine. La ragione la spiega Franco Berrino, direttore della divisione di Epidemiologia del'Istituto nazionale dei tumori di Milano: «Le amine eterocicliche si formano nella cottura della carne a temperature molto elevate (sulla piastra, ad esempio, e al barbecue), le acrilamine quando a essere cotti ad alta gradazione sono i carboidrati (patatine fritte, certi pani industriali). Le nitrosamine, invece, quando vengono a contatto di aminoacidi e nitriti (è il caso di alimenti conservati, come i salumi, ma anche di certe paste ripiene in cui si mischiano, ad esempio, formaggi e spinaci); le aflatossine, infine, sono dovute a contaminazioni fungine e si riscontrano più facilmente in alimenti che provengono da paesi tropicali. Si tratta di sostanze cancerogene sugli animali da esperimento. Temiamo che possano avere lo stesso effetto anche sull'uomo».
Accanto alle sostanze che inducono cancerogenesi ci sono quelle che la prevengono. «L'attacco al Dna che è all'origine delle neoplasie, infatti, richiede processi di ossidazione. Ben vengano sulle nostre mense tutte le verdure possibili, con il loro carico di antiossidanti, come carotenoidi, vitamine C ed E, polifenoli, capaci di contrastare l'insorgenza di tumori ai polmoni, all'esofago e allo stomaco», aggiunge Berrino. Non finisce qui: nelle crucifere, per esempio cavoli e rape, sono presenti sostanze attivatrici di enzimi chiamati di Fase 2 che facilitano l'eliminazione di molte sostanze cancerogene di provenienza ambientale; ancora, nei vegetali a foglie scure, nel germe di grano, nei broccoli troviamo l'acido folico, ottimo riparatore del Dna danneggiato, quindi utile anticancro.
Berrino punta poi l'indice su ormoni sessuali e fattore di crescita Igf1 prodotto dalle cellule sotto lo stimolo dell'ormone della crescita ed essenziale negli anni dello sviluppo: «Quanto è più alto il loro livello nel sangue, tanto più cresce il rischio di ammalarsi di tumore della mammella, della prostata, dell'ovaio e dell'intestino. E la loro concentrazione dipende dall'insulina che stimola la produzione degli ormoni sessuali da parte dell'ovaio. Non solo: rallenta nel fegato la produzione di alcune proteine, le Shgb, che temperano proprio l'azione degli ormoni sessuali (tant'è che si è riscontrata una minore insorgenza di tumori della mammella in donne il cui tasso di Shgb è elevato). Ed è sempre l'insulina a fare aumentare nelle cellule i recettori per l'ormone della crescita, quindi la produzione dell'Igf1».
L'insulina si tiene a freno privilegiando i cereali integrali, arricchendo la nostra mensa di legumi e verdure, limitando l'assunzione di zuccheri, grassi animali e farine raffinate. Prosegue Berrino: «Cereali integrali e legumi contengono i cosiddetti fitoestrogeni che sembra limitino la produzione degli ormoni sessuali e, prendendone il posto, ne contrasterebbero anche l'azione. Sono i fitoestrogeni: gli isoflavonoidi, tipici della soia, i lignani, di cui sono ricchissimi i semi di lino ma anche cereali e legumi, infine alcuni indoli presenti nelle rape e nei cavoli».
domenica 4 novembre 2007
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